30 giugno

Leggiamo …

Dal romanzo “Lessico famigliare” della NATALIA GINZBURG presentiamo il brano “Visite di intellettuali” …

La Ginzburg racconta i fatti della sua famiglia, ma la sua autobiografia si allarga a personaggi famosi, come Turati, Pavese ed altri famosi protagonisti di quel periodo. Dietro l’apparente distacco e il tono di cronaca si nota una viva partecipazione emotiva agli avvenimenti presentati. Leone Ginzburg era il marito, che morirà in carcere per la sua attività antifascista.

Alla fine dell’inverno, Leone Ginzburg tornò a Torino dal penitenziario di Civitavecchia, dove aveva scontato la pena. Aveva un paltò troppo corto, un cappello frusto: il cappello piantato un po’ storto sulla nera capigliatura. Camminava adagio, con le mani in tasca: e scrutava attorno con gli occhi neri e penetranti, le labbra strette, la fronte aggrottata, gli occhiali cerchiati di tartaruga nera, piantati un po’ bassi sul suo grande naso. Andò a stare, con sua sorella e sua madre, in un alloggio dalle parti di Corso Francia. Era vigilato speciale: cioè doveva rientrare appena faceva buio, e venivano agenti a controllare se era in casa. Passava le serate con Pavese; erano amici da molti anni. Pavese era tornato da poco dal confino; ed era, allora, molto malinconico, avendo sofferto una delusione d’amore. Veniva da Leone ogni sera; appendeva all’attaccapanni la sciarpetta color lilla, il suo paltò a martingala, e sedeva al tavolo. Leone stava sul divano, appoggiandosi col gomito alla parete. Pavese spiegava che veniva là non per coraggio, perché lui di coraggio non ne aveva; e nemmeno per spirito di sacrificio. Veniva perché se no non avrebbe saputo come passar le serate; e non tollerava di passar le serate in solitudine. E spiegava che non veniva per sentir parlare di politica, perché, lui, della politica, “se ne infischiava”. A volte fumava la pipa, tutta la sera, in silenzio. A volte, avviluppandosi i capelli intorno alle dita, raccontava i fatti suoi. Leone, la sua capacità d’ascoltare era incommensurabile e infinita; e sapeva ascoltare i fatti degli altri con profonda attenzione, anche quando era profondamente assorto a pensare a se stesso.

Scopriamo la lingua …

PROVERBIO
Casa mia, casa mia, benché piccola tu sia, tu mi sembri una badia

MODO DI DIRE
Essere un furbo di tre cotte: Saper decidere le cose più opportune per sè.

Biografia …

Il 30 GIUGNO 1940 NATALIA GINZBURG va in esilio insieme al marito …

Natalia Ginzburg nasce il 14 luglio 1916 a Palermo da una famiglia ebrea, ma presto si trasferisce a Torino e lì vive per diversi anni. Sposa Leone Ginzburg importante intellettuale che si oppone al Fascismo e per tale motivo va in prigione. La Ginzburg il 30 giugno 1940 lo segue al confino in Abruzzo, dove si deve recare per la condanna subita come sedizioso. Alla morte di lui, avvenuta in carcere per la sua attività antifascista, si risposa e risiede a Roma fino alla morte avvenuta il 7 ottobre 1991. La Ginzburg frequenta sempre un ambiente culturale elevato che stimola la sua vena letteraria che si esprime in numerosi romanzi. Essa non segue la tendenza neorealistica, ma prosegue nella scelta, manifestata nel suo primo romanzo, “La strada che va in città” (1942). In esso analizza il fallito rapporto matrimoniale di due coniugi del quale non riescono a capire la causa. La dimensione intimistica diventa, dunque, la più congeniale alla sua ispirazione. Il risultato migliore della sua narrativa è “Lessico famigliare” (1963), nel quale illustra la sua autobiografia adolescenziale e giovanile, con tono nostalgico e spesso ironico e con uno stile un po’ monotono ma capace di rendere il lento fluire del tempo e dell’esperienza di vita che forma la sua personalità e la sua sensibilità. Altre sue opere significative sono: “Valentino” (1957), “Le voci della sera” (1961) e “Caro Michele” (1973).

VOCABOLARIO GENERALE
VOCABOLARIO CUCINA