18 giugno

Leggiamo …

Dal romanzo “Approssimato per difetto” di GINA LAGORIO si presenta un significativo brano …

Il romanzo è la storia di una lunga malattia e dei rapporti non facili tra marito e moglie. Lui, Renzo, gravemente ammalato, racconta la sua lunga vicenda ed il lento avvicinarsi alla morte. Ricorda il passato e subisce il lento scorrere della vita verso l’esito finale. Vicenda d’angoscia e di tristezza e constatazione di come si giudicano diversamente i fatti della vita tra chi è in salute e chi deve fare i conti con il proprio destino di morte. Nel brano citato si narra l’inizio del calvario e le prime sofferenze del protagonista che racconta la sua vicenda.

“Cos’hai?”. “Non so: mal di testa”. Se ci penso, ora che ne ho tutto il tempo, in questo buio tranquillo, credo che sia cominciato così. “Cos’hai?”. “Non so: mal di testa”. Valeria ha occhi acuti per cogliere in viso il bene e il male, del fisico e dello spirito; certo si allarmò e mi lesse in viso la malattia quel mattino, prima dei medici. Una storia come tante altre, la mia. Ma ora so che è la sola che conti. Come quando andavo a teatro; vedevo, ascoltavo, mi lasciavo prendere dalle parole e dai gesti, ma sotto, restavo io, e se dentro mi mostravo un grumo di dolore o mi scoppiettava la gioia, la mia storia restava intatta, oltre quella effimera che mi distraeva. Ora, a teatro, in una poltrona sempre uguale, ci sono ventiquattr’ore su ventiquattro; la mia storia non si sviluppa più, è ferma, cristallizzata; talvolta la colgo in brani di discorso, dagli altri, in parole che la traducono in immagini, un po’ sbiadite, perché per loro è già passato, io non mordo più la carne viva del presente. Sono gli altri ora a portarsi a spasso la loro storia e io di qui posso seguirla, se ne ho voglia, con quanto mi resta di fantasia, con deduzioni e analogie; il fatto è che quasi mai ne hop voglia. Immaginare, entrare negli altri, partire con loro: ci vuole curiosità, interesse, e poiché non è la mia storia, ma la loro, non so che farmene. Io mi ripeto la mia; giorno per giorno, e me la vengo rivelando: forse la capisco intera e la possiedo solo ora. La mia storia, di quando ero vivo. Tra poche ore lei verrà, viene sempre verso le sette, quando l’infermiera che le dà il cambio di notte se ne va, si china su di me, io vorrei aprire gli occhi ma sono stanco e lei si allontana in punta di piedi credendomi addormentato.

Note

  1. sofferenza
  2. la peste provoca tale paura che si abbandonano i parenti stretti
  3. la cosa più incredibile è che si crea ribrezzo tra genitori e figli
  4. coloro che si ammalavano
  5. possono contare su qualche amico e sono pochi
  6. o sull’avidità dei servitori attratti dalle ricompense
  7. questi servitori si limitano a porgere qualcosa agli ammalati o a vederli morire
  8. per tale servizio spesso essi si ammalano e muoiono anch’essi.

Scopriamo la lingua …

PROVERBIO
Chi dà per ricevere, non dà nulla

MODO DI DIRE
Uscire dal bozzolo: Aprirsi a nuove esperienze.

Biografia …

Il 18 GIUGNO 1922 nasce a BRA, GINA LAGORIO, scrittrice e saggista molto attiva dei nostri tempi …

Gina Lagorio nasce a Bra, vicino a Cuneo, il 18 giugno 1922, ma vive a lungo in Liguria, una terra alla quale rimane sempre legata. Essa inoltre sente il fascino delle opere di autori come Pavese e Fenoglio, scrittori che studia in modo approfondito e sui quali scrive saggi interessanti. Si laurea in Letteratura Inglese all’Università di Torino e comincia a scrivere opere di narrativa diventando autrice importante della seconda metà del Novecento. Il suo primo romanzo risale al 1966, “Polline” e nel secondo, “Un ciclone chiamato Tittì” (1969) descrive la vita esuberante della figlia. In “Approssimato per difetto” (1971) presenta un commosso ricordo del marito scomparso prematuramente. La Lagorio è una scrittrice molto apprezzata dalla critica e infatti il romanzo “La spiaggia del lupo” (1977) vince il Premio Campiello e “Tosca dei gatti” (1984) ottiene il Premio Viareggio. Essa muore a Milano il 17 luglio 2005. La sua opera più toccante è “Capita” (pubblicato dopo la sua morte) nella quale descrive la lenta agonia durata due anni che la conduce al decesso. La Lagorio in condizioni così estreme esprime una profonda sensibilità e compone come una eredità affettiva nei confronti di coloro che l’hanno stimata. La sua personalità, sempre dignitosa, qui sa toccare accenti di passione e di umanità fuori dal comune soprattutto perché nel dolore vede un modo originale di vivere un’esperienza ricca di grande valore.

VOCABOLARIO GENERALE
VOCABOLARIO CUCINA